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giovedì 21 maggio 2015

Degrado e rifiuti a Pantano d’Arci Confindustria: ‘Serve strategia seria

Mentre a Pantano d’Arci regnano rifiuti, degrado e incuria le imprese sono costrette a pagare una tassa sui rifiuti tra le più elevate d’Italia. A nulla è valso il grido d’allarme lanciato da Confindustria Catania all’amministrazione comunale per denunciare l’iniquità della tassa. In un documento sottoposto all’attenzione dell’assessore comunale all’Ambiente Rosario D’Agata nel marzo scorso, l’associazione degli industriali etnea aveva infatti espresso il disagio delle aziende costrette a subire una tassazione ingiustificata a fronte di un servizio di nettezza urbana del tutto carente.  Nell’arco di un triennio – avevano rilevato gli imprenditori- l’aliquota ordinaria del tributo nel territorio è aumentata del 20% passando dal 7,80 (Tarsu 2011) al 9,40 (Tari 2014) regalando a Catania il primato di città con tassazione tra le più elevate del Paese: tripla rispetto a Palermo e quasi cinque volte superiore a quella pagata dalle imprese di Segrate. Purtroppo, ad oggi - sottolineano gli imprenditori - nonostante l’impegno assunto dall’amministrazione comunale a venire incontro alle esigenze delle attività produttive, “rileviamo con rammarico che nessun passo avanti è stato fatto per individuare un percorso condiviso, capace di assicurare un servizio di raccolta dei rifiuti efficace ed economicamente sostenibile, degno di un territorio che aspira a fare da traino - per il momento solo sulla carta - al grande distretto produttivo del Sud-Est dell’isola”. “Né - concludono gli imprenditori – alcun segnale concreto è ancora giunto rispetto all’istituzione, più volte sollecitata, di un tavolo tecnico tra le istituzioni locali, necessario ad avviare immediatamente la riqualificazione dell’agglomerato industriale di Pantano d’Arci, il più grande del Mezzogiorno per estensione, con 250 imprese e 10 mila occupati. Non interventi tampone, insomma, come quelli realizzati fino ad oggi, ma una programmazione strategica capace di garantire la permanenza e lo sviluppo delle attività produttive nel territorio”.

ECOREATI

Ora che è stato approvato definitivamente il cosiddetto ddl sugli ecoreati, sarebbe bello vedere andare veramente in carcere che inquina e deturpa la nostra terra. Il testo sui delitti ambientali stringe le maglie della legalità. Cinque i nuovi reati puniti con il carcere: disastro ambientale e inquinamento ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento dell’eco-controllo, omessa bonifica. Previste aggravanti per mafia (dell’indagine deve esser informato il procuratore nazionale Antimafia, e anche l’Agenzia delle entrate), condanna al ripristino, obbligo di confisca, raddoppio dei tempi di prescrizione. Hanno esultato le associazioni Legambiente e Libera che, in questi giorni, hanno tenuto alta la tensione per arrivare all’approvazione definitiva di una legge «attesa da 20 anni» grazie alla quale «da oggi chi inquina è un criminale». Se tutto ciò fosse vero, a giudicare dalle condizioni di sporicizia in un versa la nostra Isola - tra discariche, microdiscariche, rifiuti non raccolti, cartacce e buste per terra, fognature che scaricano a mare, buste di plastica abbandonate dappertutto e abusivismo dilagante - praticamente mezza popolazione siciliana potrebbe essere ospitata nelle patrie galere. Basta infatti fare un giro nelle zone più belle dell’Isola, dall’Etna a Marzamemi, da Castellammare ad Agrigento, da Cefalù a Capo d’Orlando per rendersi conto della situazione: angoli di paradiso conditi di monnezza. Eternit abbandonato dappertutto (nonostante la sua pericolosità), materassi, lavatrici, frigoriferi, resti di demolizioni, sacchetti di spazzatura lasciati sul ciglio della strada con noncuranza e strafottenza. Le responsabilità delle amministrazioni sono abbastanza evidenti (un ciclo dei rifiuti che non funziona, lasciato anche in mano alla criminalità organizzata), ma la vera colpa è di chi sporca. Ora che c’è questa legge sarebbe bello vedere che chi sporca e inquina viene multato, sanzionato ed eventualmente anche arrestato. Ma forse è solo un sogno.

Sindacati: Settore verso sciopero generale "Regione incapace di affrontare il problema della gestione"

"L'incapacità politica della Regione nell'affrontare il grave problema della gestione dei rifiuti in Sicilia ha prodotto il fallimento dell'intero sistema". E' una delle motivazioni per le quali i sindacati del settore, Fp Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti per voce dei segretari Claudio Di Marco, Dionisio Giordano e Pietro Caleca, annunciano lo stato di agitazione del personale e avviano le procedure di raffreddamento per lo sciopero generale del settore dell'igiene ambientale in tutta l'Isola. "Due governatori, cinque assessori regionali, tre capi Dipartimento, a più di cinque anni dalla data di approvazione della legge di riforma - hanno spiegato -, non sono stati in grado di raggiungere gli obiettivi che le legge regionale si era prefissata, spazzare via il vecchio sistema dei carrozzoni degli Ato e sostituirlo con uno nuovo in grado di realizzare il ciclo integrato dei rifiuti in ambiti territoriali ben definiti, attraverso la società di regolamentazione dei rifiuti". Ad oggi "i vecchi Ato continuano a produrre debiti e spreco di risorse, i commissari liquidatori non riescono più a recuperare neanche un euro dalle casse dei comuni e ad essi sono stati affiancati commissari di nomina regionale che stentano a garantire la continuità della gestione del servizio sul territorio. I sindaci si impegnino a recuperare le somme e l'elusione della tassa dei rifiuti, anziché risolvere il problema lasciando senza speranze centinaia di lavoratori e le loro famiglie. (segue)

domenica 17 maggio 2015

“Il piano rifiuti c’è, attende ok di Roma” La lettera dell’assessore Contrafatto

“Gentile Direttore, ho letto con interesse il Suo editoriale dal titolo “Affaire rifiuti, dieci anni nel porto delle nebbie”, pubblicato su Siciliainformazioni sabato 16 maggio. Un articolo che pone una seria riflessione e che, in un settore così confuso e contraddittorio come quello dei rifiuti, mi dà l’opportunità di esporre, spero in modo sintetico e chiaro, quanto questo governo sta facendo. Sin dal mio insediamento, datato dicembre 2014, ho avuto conferma di quanto già sospettavo anche prima di accettare il mio attuale incarico: quello dei rifiuti è un settore delicato, anzi delicatissimo, non solo per le conseguenze che ha nella vita di tutti i giorni dei siciliani, ma anche per gli interessi, legittimi e non, che inevitabilmente interessa. Un settore che, inutile negarlo, si trova in emergenza da troppo tempo e in cui bisogna rimettere ordine anzitutto per garantire ai siciliani, e quindi anche ai nostri figli, un sistema capace di tutelare l’interesse collettivo, difendere l’ambiente e trasformare i rifiuti da un annoso problema a una risorsa, capace di acquisire un potenziale valore. Mi rendo conto che queste parole potrebbero essere intese come una semplice dichiarazione di intenti, ma ci sono anche dei fatti che conferiscono loro concreta sostanza. Il mio ragionamento, però, si basa su tre semplici principi che tutti dovrebbero condividere, se hanno a cuore la Sicilia. Primo principio: l’emergenza non conviene e nessuno la dovrebbe inseguire. O, per meglio dire, non la voglio io e non la vuole il governo, consapevole che portare i rifiuti all’estero sarebbe, oltre che una mossa estremamente costosa (e di questi tempi sappiamo bene come la Regione non abbia risorse da sprecare), anche una sconfitta della politica e della capacità delle istituzioni di risolvere i problemi. Secondo principio: bisogna incrementare la raccolta differenziata. Non solo perché fa bene all’ambiente e perché non possiamo immaginare di sotterrare rifiuti in eterno, ma soprattutto perché è economicamente conveniente: riciclare significa intasare meno le discariche, avere meno costi e più ricavi, consentire ai cittadini di pagare meno tasse, creare posti di lavoro. Terzo principio: per uscire da questa situazione, serve la collaborazione di tutti. Delle forze politiche, chiamate ora come non mai a scelte responsabili senza inseguire interessi particolari; degli enti locali, che hanno la grave responsabilità di non incrementare la differenziata nella convinzione che alla fine ci penserà “mamma Regione”; dei sindacati e dei lavoratori del comparto, a cui bisogna far presente che il sistema, non sempre limpido, che ci ritroviamo ha bisogno di cambiare, altrimenti non regge. Se siamo d’accordo su questi tre punti di partenza, possiamo allora confrontarci sugli strumenti per uscire dall’emergenza. Anzitutto chiariamo una cosa: il piano rifiuti c’è, non è contrario ad alcuna normativa comunitaria o nazionale e attende solo il via libera del governo centrale per essere operativo. Nostro compito, e ci stiamo lavorando, sarà aggiornarlo nel più breve tempo possibile: impresa ardua, specie se l’elefantiaca macchina regionale crea mille problemi e impedimenti, tra cui anche la difficoltà di reperire i più semplici dati per poter effettuare una programmazione. La Sicilia potrà uscire dall’emergenza solo ad alcune condizioni: completare in tempo utile gli impianti, aumentare sensibilmente la differenziata, ottenere dal governo nazionale più tempo. E’ chiaro che, per farlo, Roma non si accontenterà, e aggiungo giustamente, di pie intenzioni: servono prove del nostro senso di responsabilità. Per questo è necessario far entrare finalmente in funzione il sistema delle Srr in luogo dei vecchi e falliti Ato, accelerare il completamento delle procedure relative all’impiantistica, chiedendo alla burocrazia regionale più efficienza, ma soprattutto punire severamente gli enti locali che non incentivano la differenziata. In Finanziaria avevamo chiesto una tassa ad hoc, che però l’Ars ha preferito bocciare quando ho deciso di non piegarmi a indecenti baratti, come se invece che nel Parlamento più antico d’Europa ci trovassimo in uno squallido mercato. Questo è il piano del governo regionale, che si muove unito e compatto su questo come su tutti i temi. I tecnici del mio assessorato lo stanno definendo nei dettagli e la mia scrivania non sarà un porto tra le nebbie, né un semplice punto di passaggio, ma una severa dogana: non proporrò niente ai siciliani e al governo che non faccia l’interesse di questa nostra martoriata terra, nel dovuto rispetto delle regole. La prego, se vorrà, di volere pubblicare questo mio intervento intendendolo come un contributo all’interessante dibattito che il Suo editoriale ha aperto, come è doveroso che sia su un settore così cruciale per la vita di tutti noi”. Cordiali saluti. L’assessore Vania Contrafatto.

martedì 12 maggio 2015

Continua l’emergenza rifiuti in Sicilia Multe dall’Ue a Regione e Comuni

Da un decennio il sistema di raccolta è praticamente fermo e la Regione Siciliana è una delle più arretrate d’Europa. “Ma le multe comunitarie non le pagherà lo Stato, si tradurranno in nuove tasse”. Sostenere le imprese (neanche 50) di produzione di bioenergia. Negli ultimi anni in Italia la produzione di bioenergia è cresciuta del 37%. Solo sul fronte del biogas, il balzo registrato è stato di oltre il 60%. “La valorizzazione energetica di rifiuti e scarti, funziona. Ma in Sicilia siamo all’anno zero. E si allunga lo spettro di una Campania bis”. A dirlo Mimmo Milazzo, segretario della Cisl Sicilia che, in occasione dell’esecutivo regionale del sindacato, a Palermo, ha rivendicato “l’urgenza di un piano dei rifiuti dentro un piano energetico regionale”. “Ma che sta facendo la Regione?”, si è chiesto. La Sicilia resta, ha sostenuto “preoccupato”, una delle regioni più arretrate d’Europa per gestione dei rifiuti. Oltre il 90% degli scarti urbani, 2,2 milioni di tonnellate, continua a finire in discarica. Altrove si accelera nella “combinazione integrata di raccolta differenziata, riciclo e valorizzazione energetica”, ottenendo risparmi e producendo energia. In Sicilia da un decennio il sistema è praticamente fermo. Lontano anni-luce dagli obiettivi Ue che stabiliscono che il 70% dei rifiuti urbani sia riutilizzato e che, entro il 2030, sia azzerato il collocamento in discarica dei materiali riciclabili. “Il fatto è che le multe comunitarie non le prenderà lo Stato. Ricadranno su Regione e Comuni. E si tradurranno in nuove tasse”, ha denunciato il segretario Cisl per il quale “è un paradosso tutto siciliano”. “Mentre gli Ato restano eternamente in liquidazione, i 12.500 lavoratori del settore sono appesi a un filo. E il costo dell’arcaico sistema dell’abbancamento in discarica, spinge i Comuni verso il dissesto”. Al presidente Crocetta e all’assessore regionale all’Energia, Vania Contrafatto, “chiediamo – ha insistito Milazzo – un cronoprogramma che metta un punto all’immobilismo soprattutto sul fronte dell’impiantistica specializzata. E che imprima una svolta alla logica datata dell’interramento che, da qui a poco, farà della Sicilia una discarica a cielo aperto”. Senza contare il “rischio infrazione pure per le 12 discariche abusive distribuite nel territorio dell’Isola, che andrebbero bonificate entro i primi di giugno”. Il governo punti, ha quindi continuato il numero uno della Cisl Sicilia, su dimensioni territoriali di raccolta più ampie di quelle dei vecchi Ato. Fissi tempi e modi di una politica della differenziata che porti l’Isola lontano dagli ultimi posti della graduatoria nazionale: a Messina la percentuale di differenziata si colloca poco sopra il 6%, a Palermo e Catania è del 10%. Oltretutto “secondo l’Ispra – segnala il segretario – all’aumentare della raccolta differenziata diminuisce per i Comuni il costo pro-capite annuo della gestione dei rifiuti”. Ancora, alla Regione la Cisl chiede “misure che sostengano la filiera delle imprese di produzione di bioenergia”: qualche decina in tutto in Sicilia. “Non arrivano neppure a cinquanta a fronte delle oltre 2.400 in attività nel Paese e delle 636 che operano nella sola Lombardia”. Eppure “investire sulle bioenergie conviene”, sottolinea Milazzo. Dunque, “la Regione si svegli dal lungo letargo e aiuti l’economia verde che, anche a partire dai rifiuti, è in grado di creare sviluppo e dare nuova occupazione”.

martedì 5 maggio 2015

Operai dell’Ato Pa1 senza stipendio da quattro mesi , occupati uffici del Comune a Capaci

Operai dell’Ato senza stipendio, occupati uffici del Comune a Capaci - Giornale di Sicilia



PALERMO. I comuni soci della Servizi Comunali Integrati rsu SPA, continuano a non versare le somme dovute alla società d'ambito, tutto ciò sta portando all'esasperazione tutti  gli operai dell’Ato Palermo 1. A Capaci hanno occupato gli uffici comunali. Da quattro mesi non percepiscono lo stipendio. Momenti di tensione tra gli operai e i dipendenti comunali tanto che sono stati chiamati i carabinieri. Alcuni testimoni raccontano di funzionari intimoriti dai modi del manifestanti che si sono rinchiusi negli uffici.
La protesta è ancora in corso. Nelle scorse settimane gli spazzini avevano protestato nell'autoparco minacciando di darsi fuoco.

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